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Ricette > Cerca Orzotto mantecato con brovadar e salsiccedi: Comune di Moggio Udinese (UD)Ingredienti per 4 persone
Procedimento
Vino da abbinareRiesling oppure Pinot Bianco Colli Orientali del Friuli DOCGGalleria fotograficaRicetta realizzata dal consigliere Rita Moretti con l'allievo Emin Haziri della classe 3A Cucina IALFVG di Monfalcone. Note / consigliA Moggio la coltivazione delle rape, la loro lavorazione e trasformazione in brovadâr, pietanza da sempre consumata in ogni famiglia, era fiorente, mentre ora va quasi scomparendo. La semina del brovadâr inizia a tarda estate, per poi procedere con il paziente lavoro di raccolta delle rape alle prime gelate, la scrupolosa preparazione secondo il metodo tramandato da tempo immemorabile ed ormai consolidato, ed infine la loro utilizzazione. Le rape vengono raccolte dopo che le stesse hanno subito almeno una gelata, in quanto così diventano più dolci e croccanti. Vengono accuratamente lavate, compreso l’apparato fogliare, pulite dalle parti non perfettamente sane e private delle foglie ingiallite. Dopo questa operazione preliminare, vengono sbollentate, quindi disposte a sgocciolare e quando sono fredde vengono sistemante nel contenitore, sul cui fondo vengono collocate delle foglie di verza, (come si fa per i crauti) e quindi le rape e le foglie vengono pressate con la forza delle mani. L’ultimo strato viene sempre coperto con foglie di verza ed a questo punto si versa nel contenitore l’acqua salata e fredda e per ultimo si dispone una tavoletta di legno, il “cappello”, con sopra un peso, per far sì che il prodotto resti sempre coperto dall’acqua salata, perché se a contatto con l’aria si ossida. Dopo un mese abbondante, avvenuta la fermentazione, le rape diventano brovadâr. Quando sulla superficie dell’acqua compare un velo chiaro, simile ad una sottile lastra di vetro leggermente appannata, si ha la certezza dell’avvenuta fermentazione. Prima dell’uso culinario, le radici e le foglie vengono lavate con acqua fredda corrente, quindi sgocciolate per bene, vengono sistemate su un apposito tagliere (la pestadorie) e tagliate con un pestello, fino a ridurre il tutto in un trito omogeneo. Anche nel “ de re coquinaria” si danno consigli per conservare a lungo le rape: “è necessario purgarle, accomodarle (in recipienti) e coprirle con un composto di miele, aceto e bacche di mirto”. Il metodo di conservazione dei cavoli cappucci e delle rape sono sostanzialmente simili, e per questo motivo si può pensare che abbiano avuto la medesima origine: i paesi nordici, da dove provengono sia le rape che i Celti. In alcun paesi della Carnia, dopo aver utilizzato le radici delle rape, vengono utilizzate separatamente anche le foglie, in quanto non era concepibile alcuno spreco. Dopo aver lavato accuratamente le foglie, si mettevano in un mastello con acqua bollente e leggermente salata e si lasciava macerare a lungo. Al bisogno, si prendeva la quantità di verdura che serviva, e lavata ed asciugata, veniva condita in insalata, oppure rosolata con pancetta e costicine di maiale. Nelle zone in cui i celti si sono stanziati e sparsi, in epoche remote, anche in luoghi sperduti e lontani dalle principali vie di comunicazione, come le tante frazioni di Moggio, potrebbero essere stati i primi ad introdurre o meglio portare con sé, anche l’uso del brovadâr, ora alimento tipico della zona. Caratteristiche
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